HOME       ESPOSIZIONI       GALLERIA       CONTATTI

L'Artista

Laureata in architettura. Ha svolto interessanti esperienze nel campo del restauro di dipinti, parallelamente all’attività di progettazione d’interni.

La sua ispirazione artistica ha esplorato le possibilità espressive di varie tecniche, fino a giungere a un personalissimo uso del collage.

La sua attività prosegue con creazioni di eventi artistici e nel 2008 ha creato lo Studio Ambre Italia, prestigiosa galleria d’arte on.line.


Il desiderio e la visione

La ricerca estetica di Cate Maggia volge ad una connessione transtemporale tra accadimento e futuribile, esprime la scossa elettrica del presente quale scarto tra passato e futuro o, meglio, tra ciò che è accaduto e ciò che sarebbe potuto essere. Per questo raccoglie lacerti e rimanenze del  vissuto, ne esalta la smembratura per poi ricomporre le parti in un magma che vuole invocare una nuova genesi: ciò che è desueto, privato dell’uso, negato ad ogni funzionalità viene avocato ad un’epica materica che narra lo stridore di una inesorabile evoluzione, dove nulla permane per venire fagocitato da un flusso utilitaristico: l’azione dell’artista volge a preservare dalla dispersione piccole testimonianze dell’esperienza vitale, consapevole che la vita è la somma dei momenti, non è ricostruzione storica da affidare ai ricordi, è permanenza diacronica e complessa che non può sottostare alle leggi del consumo.

I brandelli dei vecchi abiti, ricordo del vissuto individuale, diventano tessere di un mosaico, metafora del vivere comune, dove anche ciò che è dismesso trova parte alla costruzione di un progetto condiviso: l’artista si occupa di comporre un nuovo ordine che sia inclusivo di ciò che il sistema esclude ed escludendo rende scarto. Il rifiuto di essere complice dell’ingiustizia sociale porta Cate Maggia a farsi carico di un’azione di recupero della dignità: non reinventa il significato degli oggetti, non ne snatura l’essenza, mantiene un chiaro intento di ricomposizione in un nuovo ordine in cui la perdita di funzione non implichi la negazione del decoro. Questo chiede l’artista: ridare dignità all’escluso, potenza all’oltraggiato. La dignità viene non da un nuovo senso, ma da una visione nuova, di desiderio, che in composizione armonica esalta la natura delle parti: i lembi di stoffa si fanno lembi di terra in una narrazione dei campi coltivati, paesaggi del territorio abitato e del territorio interiore.

Al pari del collage,  nell’opera di Cate Maggia, anche il gesto pittorico interviene ad esprimere una sintesi al femminile dell’esistente, ne partecipa irrorando la tela di una soavità densa e necessaria, al pari del profumo dei fiori. La leggerezza del colore riverbera nel materico e se ne esalta in un perfetto equilibrio degli opposti, come componenti necessari al flusso vitale. Anche nella colatura il colore non si fa lacrima, ma trasudazione umorale, esalazione di godimento: anche la caduta viene agita e pare fuoriuscire dalla tela quale sudario al quale consacrare la propria certezza del quotidiano. L’hic et nunc del rappresentato si fa dilatazione cui affidare la propria consapevolezza per lasciarla trascendere nell’infinito

Il bianco stesso dello sfondo, perfettamente a registro, partecipa attivamente a questa consacrazione del quotidiano per staccarlo dagli oneri esistenziali e consegnarlo all’immanenza.

Tutto ciò avviene con estrema libertà, a testimonianza di una piena maturità artistica e di una profonda onestà intellettuale: si sente che le piante di cui la pittura di Cate Maggia narra sono piante esistenti, piante  che lei annaffia come atto dovuto, necessario, prima che alla bellezza, alla vita stessa. Scevra di ogni compiacimento stilistico, la pittura vegetale ci commuove in un senso di bellezza interiore, quello che ciascuno rivolge a ciò che ama.

Elio Talon


Il caleidoscopio dell'umana sofferenza

La sua attenzione verso l'immagine e la riscoperta di essa l'ha portata alla creazione di ricchi quadri/collages sulle tematiche legate alla situazione critica della vita di oggi e sulle sue implicazioni emozionali più forti, sia sul piano privato che pubblico della nostra esistenza.
Creare e inventare una nuova comunicazione visiva cambiando il senso, la dimensione e l'estensione del "corpo recettivo" dell'opera d'arte: il lavoro creativo dell'artista, viene così, da Catemaggia, trasformato/modificato attraverso una modellazione basata sull'interscambio" globalizzato della creatività interplanetaria dei nostri giorni. Nelle sue opere questa comunicazione massificata di notizie e di drammi da ogni parte del mondo, trova uno luogo vitale e delimitato dalla cornice, dove convivere e rendere efficace il messaggio che ne scaturisce.
La sua genuina voglia di comunicare direttamente al cuore delle persone è tale da non poter esprimersi se non con mezzi che parlano attraverso notizie rubate, immagini di un mondo che ci circonda e ci opprime. lmmagini che nella quotidianità della nostra vita non ci colpiscono sempre, abituati come siamo a sentire e a vedere situazioni drammatiche in ogni dove. Ed ecco che con i suoi collages e con le sue "concentrazioni di immagini" Catemaggia ci costringe a vedere e a prendere coscienza di eventi ed emozioni forti e VlClNl, molto VlClNl. La nostra attenzione, spesso distratta dalle mille cose che dobbiamo fare, viene così come scossa e posta davanti all'evidenza di ciò che nel mondo esiste: guerre senza senso, solitudini ed emarginazioni accanto a noi, prendono corpo e pian piano ne dobbiamo prendere coscienza, inchiodati alle sue tavole, allibiti e ammutoliti per la crudezza e la verità esposta.
Compito difficile per un'artista, non dedicarsi ai lati poetici e onirici, ma restare presente come "voce della verità", vate di un mondo che rischia di distruggersi da solo, preso dagli egoismi di molti e dagli interessi di pochi!! ln questo suo infinito caledoscopio dell'umana sofferenza, che inevitabilmente ci prende e ci appartiene, riusciamo a intravedere la prosecuzione di messaggi propri della più cruda eredità degli anni Dada, o quando la pop art si esprimeva in modo provocatorio come denuncia di intollerabili realtà politiche e sociali.
Come non ricordare le opere di Raushenberg o le poesie di Apollinaire con le quali si cercava di esprimere una voce, di gridare ciò che è troppo forte per essere accettato. Le opere di Catemaggia sono stratificate, ulteriormente arricchite da inserti e oggetti applicati, come se si dovesse sempre ritornare su se stessi, sullo stesso pensiero che attraversa la mente e che occorre fissare in essa. La sua produzione è quanto mai attuale, pura espressione del senso di smarrimento che una società mondiale provoca in chi è ancora capace di pensare.
Francesca Mariotti


Femmina penso se penso l'umano

… scriveva Edoardo Sanguineti nella sua celebre Ballata delle donne.
Tutto il lavoro di Cate Maggia sembra richiamare questi versi: osservatore e universo osservato hanno desinenza "a". Studia al liceo artistico, prosegue con la facoltà di Architettura presso il Politecnico di Torino, scrive una tesi sul restauro di affreschi mostrando un forte interesse per la reinterpretazione del passato in chiave di lettura per il presente. Apprende la tecnica del collage, la affronta con sicurezza tanto che, anche avvicinandosi alla sua opera più recente, ne rimane comunque un punto di riferimento imprescindibile. Con forbici e cutter ritaglia le vite degli altri per raccontarci la sua storia, non attraverso una esclusiva opera autobiografica, ma come percezione di sé nel mondo e percezione di ciò che nel mondo accade.
Fu John Heartfield nel 1924 ad utilizzare, per primo, la tecnica del collage fotografico come mezzo di satira politica contro Hitler e il suo regime, dando il via a quella che sarebbe stata tecnica cara a tutte le avanguardie del XX secolo e ad artisti della misura di Raoul Hausmann, Max Ernst e Robert Rauschenberg, che ne fu maestro. Ci ricorda nei suoi scritti George Grosz: «Quando John Heartfield ed io inventammo il fotomontaggio, nel mio studio, alle cinque di una mattinata di maggio nel 1916, nessuno dei due aveva idea delle sue enormi potenzialità, né della strada spinosa ma piena di successo che ci avrebbe aspettato. Come spesso succede nella vita eravamo inciampati in un filone d'oro senza nemmeno accorgercene».
Tecnica rivoluzionaria, trasformatasi poi nelle declinazioni Pop, il collage è entrato in anni più recenti anche nelle classi scolastiche, nei licei artistici e nelle accademie: se utilizzata con maestria e progettualità diviene linguaggio per raccontare storie che celano fiabe, tra pieghe di colla e ritagli di carta, ognuno finalizzato alla sua posizione. Cate Maggia già da subito pone al centro di ogni sua opera occhi e volti femminili: il suo sguardo, se ci appare inizialmente miope, incredulo, mutuato da una spessa colla opacizzante, si fa via via, quadro dopo quadro sempre più limpido, chiaro e consapevole, a volte favolistico, a volte noir.
In Metallica la donna, tristemente resa burattina da una vita, da un luogo, da una condizione sociale o da un uomo, è legata con fili, non freddamente e tristemente metallici, ma di rosa e calda lana infiocchettati con piccole perle, messaggio fortemente ironico, tendente al sarcasmo di una vita forse imbellettata, ma di sostanziale prigionia.
La donna, madre, terra, vita, simbolo dell'esistenza stessa, viene associata alla condizione umana, al territorio martoriato dall'inquinamento, …perché la donna non è cielo, è terra, carne di terra che non vuole la guerra (E. S. cit.): la donna è messaggera del linguaggio dell'opera di questa artista che da alcuni anni concede maggiore spazio alla pittura in una progressione di grande interesse attraverso un mutamento della tecnica che si fa voglia di sperimentare. Le scene si semplificano e, come in Volo di farfalle, il collage viene abbandonato, per lasciare spazio ad una protagonista realizzata con un insieme di materiali differenti, frutto del riutilizzo, essi stessi portatori di una storia. Colpisce un materiale in particolare guardando questi ritratti femminili: il cascame, un derivato dalla lana o dal cotone. L'artista lo manipola, lo lavora con la colla, lo trasforma e il tessuto, da mezzo per proteggere il corpo femminile dal freddo o dalla pioggia, ne diventa parte costitutiva, ne diventa capigliatura coloratissima, fluente e vaporosa.
«Da bambina amavo ritagliare e vestire i figurini femminili dai giornali»: giochi di altri tempi, nemmeno troppo lontani, in cui già possiamo ritrovare un po' dell'ispirazione di questa artista in continua evoluzione. Nel collage la donna era un volto, spesso centrale, era un occhio attento al mondo, ora la donna è figura intera, quasi impersonale, sembra ricordare pienamente il figurino di moda che negli anni '60 e '70 le bambine ritagliavano, diventa supporto, a volte apparentemente impersonale, per un messaggio. L'artista ritaglia le sue donne e le pone in bilico su di un' inferma scala a pioli oppure su di una scala più solida, ma indossando pattini a rotelle (Estate), o ancora sull'altalena (In gabbia) all'interno di una gabbietta per canarini: è una donna che sa di essere sempre e da sempre combattuta tra la sua interiorità prepotentemente desiderosa di libertà e la realtà a volte condizionata, spesso limitante, che in alcuni casi assume proprio la forma di una gabbia, una gabbia che ricorre nuovamente anche in Presa per i capelli.
È una donna prigioniera di se stessa o di altri, trattenuta, che vede le ali della libertà esclusivamente nel riflesso della sua ombra (Ombra magica), ma sempre, in ogni caso, bella, eterea, mai abbruttita dalla vita: è capace di sopravvivere con la dignità della bellezza e della gentilezza.
Il riutilizzo di materiali già portatori di una vita propria, le colle, le resine, le stoffe, i pizzi, tutto nell'evoluzione dell'opera di Cate Maggia, iniziata con il collage, lascia presagire un debutto nella scultura e, con tutta la curiosità che suscitano i suoi ultimi lavori carichi si significati simbolici dati alle donne-figurino, l'attesa per ciò che ci saprà regalare e per i sue storie è molto forte.
Chiara Vignola


Mondi reali
Indubbiamente l’arte di Cate Maggia è un’Arte originale; capace di prendere lo spettatore per mano e condurlo con straordinaria dolcezza nei giocosi meandri della sua fantasia. Una fantasia che non è squassante mito ma neppure travolgente, passionale e dolorosa nostalgia per un mondo che c’era e non c’è più.
Contro l’apparenza, il mondo di Cate Maggia è un mondo reale, esistente, concreto, fatto di attualità, anzi di quotidianità. Un mondo travestito da sogno, con i volti bellissimi infinitamente dolci, quasi struggenti nella perfezione dei tratti, che paiono addirittura bucare l’apparente confusione onirica. Il sogno si spezza e si frantuma sul volto diafano e irreale della giovinezza che rinasce a nuova realtà.
Altrove riempiono gli spazi in modo quasi ossessivo acuti dettagli di grandi metropoli tutti riconducibili ad una realtà quotidiana vissuta ma che non conserva tracce di sofferenza. Un rapporto estremamente equilibrato e sereno con l’ambiente.  Ma lo strumento espressivo più accattivante, e di grande valenza, è rappresentato da quelle straordinarie, massicce e corpose colature che rivestono la maggior parte del collage. Coprono ma non nascondono, lasciano intravvedere ma forse inconsapevolmente sottolineano e accentuano addirittura particolari che a prima vista potrebbero sembrare dimenticati e servono invece a dare una dimensione familiare e domestica a tutta l’opera.
Una attualità domestica, casalinga che non è più un ambiente dove trascorrere porzioni significative della propria vita, bensì un nido dove rifugiarsi, dove poter ‘tirare il fiato’, dove trovare protezione. Protezione da che cosa non si sà, non si capisce da che cosa si deve essere protetti perché il ‘fuori’ non è per nulla ostile né minaccioso. In tutta l’opera di Cate Maggia è completamente assente qualsiasi forma di aggressività o di incombente paura; tuttavia permane la consapevolezza di una gracilità come a dire quasi un ‘retrogusto’ di desiderio di protezione, di calore, di positività non già da contrapporre a qualche assente negatività. E’ il senso della vita!
Riccardo Rabaglio


Simulacri e icone
Scoperta analisi dell'esistenza si condensa nell'opera di Cate Maggia, che ordina con precisione oggetti trovati per caso, frammenti trasformati in desolati non-luoghi entro i quali emergono, come per estenuata consunta esistenza, simulacri-icone femminili. Un raffinato simbolismo permea tutta l'opera di quest'artista che gioca con eleganza con il collage e le colle , passando attraverso intuizioni preraffaelliti e tecniche recuperate dall'arte povera: memoria e avanguardia in una ricerca volta a sancire l'assoluta precarietà di oggetti e individui.
Emanuela Mazzotti


Poliedrica
Cate Maggia –questo il nome d’arte- è un’artista a tutto tondo: architetto, pittrice, organizzatrice di eventi culturali e artistici; le piace sperimentare e dar vita a lavori originali, intrisi della sua forte personalità. Il gusto per l’innovazione, che ben traspare dalle sue opere, si manifesta sia a livello tematico, sia a livello tecnico. Per quanto riguarda i temi, infatti, la sua arte non ha paura nè di indagare i diversi aspetti della realtà, nè di raccontare i sogni e le reminiscenze di un mondo passato: così, accanto al mare inquinato e a porzioni di metropoli caotiche, compaiono delicate ballerine della bella époque, pattinatrici aggraziate nel loro fluido movimento. Su tutto domina, sempre, un senso di mistero: ad esempio, nel dipinto “In punta di piedi” l’elegante ballerina, in perfetto equilibrio sulle punte, guarda verso lo spettatore e sembra attendere una risposta ad una domanda taciuta, implicita... Allo stesso modo in “Ombra magica” un’austera donna di profilo proietta un’ombra capricciosa, che è impossibile osservare nella realtà, ma che invece è altamente probabile vedere nella dimensione onirica. Per quanto riguarda le opere intitolate “Violenza al femminile”, il soggetto terribile e inquietante è interpretato in maniera originale: entro una cornice tonda, simile ad un occhio spalancato su una atroce realtà, una donna è colta in un momento di oppressione e di estremo dolore. Anche questa volta interloquiamo con il dipinto, ma ora ci sentiamo costretti a farlo, a guardare attraverso quell’occhio qualcosa che non vorremmo vedere e a chiederci il motivo per cui esistono il male e la violenza. Relativamente agli aspetti formali, Cate Maggia ama cimentarsi con tecniche e materiali nuovi: la tecnica mista messa a punto dall’artista consiste nell’utilizzare i colori acrilici per stendere volti e parti del corpo, accanto a porzioni di tessuto e di carta con cui creare abiti, capelli ed oggetti più piccoli.In particolare, ultimamente Cate Maggia sta sperimentando il “cascame” (prodotto di transizione tra tessuto e filo), mai usato in precedenza nell’arte. Esso è soprattutto adatto a rendere i capelli delle figure femminili (vd Ombra magica). L’effetto vetrificato e rigido è infine ottenuto mediante l’impiego di resine e colle; ed è anch’esso prezioso, in quanto contribuisce all’atmosfera di enigma e mistero che si percepisce nei lavori dell’artista, poetici e talvolta struggenti.
Anna Brambati


Overlaps

I collages di Cate Maggia

rappresentano un percorso parallelo alla pittura informale, lavori dove le sovrapposizioni di fogli di carta colorati formano “storie” che con il tempo si evidenziano, emergono lettere, fotografie, volti, oggetti e tessuti. Si crea così un linguaggio quasi enigmatico che con il passare inesorabile del tempo perde il suo significato simbolico iniziale trasformandosi in un gioco. Un percorso nuovo attraverso la materia e superfici, latente a quello di Tapies e Burri ma diverso: un informale/simbolico, dove gli elementi raccontano storie, fatti, aneddoti, capaci di far perdere lo sguardo negli infiniti dettagli i cui varchi di confine vengono oltrepassati solo con il sogno.

Cate Maggia è una protagonista degli anni 2000, dalle sue opere traspare quell’umiltà di donna sapiente, che della propria cultura non ne fa una bandiera, ma porge a tutti il suo sapere attraverso la sua arte, con la semplicità di quelle persone capaci di essere grandi della loro umiltà e dignità, passando alla storia quasi senza voler farsi notare.

Dina Pierallini


L’arte di CateMaggia

Vulcanica, determinata e dolce sono gli aggettivi che riscontro in Lei associati ad una originalità unica e favolosa. CateMaggia ha concepito i suoi quadri ser-vendosi di brandelli di vita quotidiana, immagini ritagliate; poi ricomposte per ottenere l’effetto desiderato e integrato in un insieme  estremamente armonico.

L’arte per CateMaggia è uno specchio della drammaticità o felicità del proprio racconto o momento di vita. La scelta dei soggetti e oggetti mette in risalto la sua forte partecipazione emotiva. Vedere i collages di CateMaggia è un percepire le suggestioni personali: dà vita a quello che si può intuire  ma non esprimere.

Alessandra Balma


Luoghi aperti

E’ un luogo quello che descrivono i lavori di Cate Maggia, opere che solo apparentemente  accolgono figure consuete, come immagini di donne, foglie, fiori, simboli appartenenti al  quotidiano collettivo. Osservando attentamente i collages polimaterici della Maggia, però, qualcosa sposta queste immagini attraverso un’ulteriore percezione, qualcosa che permette di accedere a nuove aperture nella visione e schiude itinerari percettivi altri.

Così, se ogni oggetto si dà come in un racconto, contemporaneamente riesce anche a configurarsi come icona, e tutta la composizione immediatamente muove la sua struttura narrativa verso una proposizione di immagini quasi lunare, tanto più evidente quanto più calata in un’atmosfera che a volte si rivela di struggente malinconia.

Ma ancora, nell’assemblaggio delle immagini, la struttura del lavoro si muove, e nello stesso tempo muove la struttura psicologica che il quadro sottende, come se l’apparire delle varie figure evidenziasse mescolanze di situazioni, stati d’animo e avvenimenti che l’accostamento delle immagini scelte dalla Maggia accoglie come Storia.

I suoi lavori quindi diventano luoghi aperti, onirici, disposti ad accogliere l’immaginario dello spettatore e le sue proiezioni mentali, diventando quindi contemporaneamente luogo dell’artista e luogo dell’osservatore.

Abbiamo allora universi quotidiani e fantastici, che diventano tanto più attraenti quanto capaci di accogliere un mondo mentale e parallelo, possibile solo nello spazio che all’immaginario comune l’arte della Maggia è in grado si offrire.

Alla base dell’opera di quest’artista c’è un solido impianto grafico, oltre che un sapiente taglio delle inquadrature, derivante dai suoi studi di architetto, che rendono le sue composizioni assolutamente cercate, studiate e non casuali, mentre l’uso del colore e delle trasparenti velature finali sono frutto di una concezione cromatica di emozionante immediatezza.

Eliana Frontini


Il museo degli oggetti ritrovati

Catemaggia risponde, con la sua opera, alla necessità di imprigionare nella materia sogni, memorie, testimonianze del tempo, del proprio tempo, di sé e più in generale dell’esistenza.

Lo sguardo dell’artista sembra appoggiarsi con noncuranza sulle cose e sugli oggetti che ci circondano, ma è solo apparenza: quello di Catemaggia è più di uno sguardo, è un regarder, ovvero una reiterazione,  un flashback,   una retrospezione verso uno stato antecedente e al tempo stesso una conservazione: la fattura delle immagini è, in forza di divenire, memoria, vigilanza.

Il mondo esiste in quanto sottomesso allo sguardo dell’autore. Con ciò si può affermare che l’artista è nella propria opera,  è l’opera stessa, altrimenti non potremmo rispondere al quesito sul senso della sopravvivenza dell’arte e della sua stessa utilità. 

Eppure nelle opere di  Catemaggia c’è anche una fortissima tensione che definisce e fa  percepire lo spazio come “estetico”, spazio nel quale gli oggetti sono fermi nell’attesa, ma allo stesso tempo sono in movimento,  movimento come condizione peculiare di chi guarda con il suo retaggio di memoria, cultura, sentimento. Sono le nostre vite, quindi, che danno senso alle opere, finiscono allora, questi “oggetti” per aspirare all’eternità.

Si realizza così un percorso attraverso il quadro – oggetto, che corrisponde ad un recupero, inteso anche nel senso di possibile rinascita: non solo dell’oggetto in se, ma vera e propria rinascita dell’artista. I titoli di alcuni soggetti recenti sono, pertanto, estremamente indicativi: In scena, Palcoscenico, Rinascita, Recupero.

La mise en scene si costituisce per mezzo di foto, ritagli di giornale, stoffe, creando una vera e propria “still life”, un teatrino dalle reminiscenze Pop, ma con immagini più delicate, eleganti, trasformate in superfici effimere che solo l’esperienza e la consapevolezza dello spettatore riconducono a nuova identità. L’opera di Catemaggia costringe in qualche modo lo spettatore alla sosta, alla riflessione.

L’artista accumula sulla tela dettagli e particolari in un susseguirsi di strati successivi e sovrapposti che si fanno eco gli uni con gli altri. Non è sufficiente, quindi, una visione d’insieme per comprendere l’opera, ma al contrario serve un’osservazione attenta e prolungata per decifrare il sottile gioco di rimandi, sotteso ad ogni elemento del dipinto.

Tuttavia il ruolo dell’osservatore non finisce qui, l’opera di Catemaggia richiede anche un notevole sforzo interpretativo- creativo: è implicita in ogni tela un’attribuzione di senso.

E’ proprio l’attribuzione di senso, che è di volta in volta individuale, ma si compie attraverso quel “sentire” che è del genere umano, che rende l’opera, e quindi l’artista, universale. I colori sono spesso opachi, alcuni interventi emergono al contrario per vivacità, ma le figure suggeriscono, comunque,un che d’inconsistente, evanescente; i corpi femminili hanno profili estenuati, trasparenti e perciò perfetti. Il corpo è la chiave di volta dei collages di Catemaggia, il corpo fuori di sé, annegato in un mare nebbioso, energia perduta e ritrovata. Il corpo oltre i limiti usuali imposti dalle convezioni sociali e culturali, oltre la nozione stessa d’identità, sempre più incerta e precaria.

Le foto dei collages accostano soggetti della pubblicità, che altro non sono, se non una reiterazione di immagini corporee identiche, pur nelle diverse definizioni stilistiche, così che sempre uguale ci appare la facies con cui si mostrano al nostro sguardo.

In queste stratificazioni, i corpi si annullano nel tessuto fitto di relazioni nel quale sono imprigionati e prevale, in questo museo di corpi- oggetti, lo strato, gli spessori determinati dalle colle che, quasi una pelle sensibile, che costituiscono una sorta di isolamento, distanza dal mondo. Oltre la buccia dell’apparenza, ovunque l’incanto del dissolvimento, la coscienza dell’ineludibile, la visione di ciò che è “altro”,restituendo il senso dell’ignoto e appunto, della distanza. “Uno sguardo dal fondo” di cui parla Georg Trackl.

L’artista Catemaggia, oppone, all’orizzontalità del profilo urbano, il verticalismo della sua creatività, arricchisce di note personali e intime la banalità del quotidiano, scardina le regole del conformismo mettendo a nudo la propria anima. Il risultato è una superficie libera da schemi e legami troppo stretti con la tradizione, costituita per associazione d’idee, intuizioni, felici divagazioni sul tema principale.

La manipolazione sottesa ai suoi lavori procede dalla tecnica dell’accumulazione, sorta di bricolage, ovvero, riutilizzazione all’interno di un nuovo progetto, delle immagini, oggetti, foto, aventi all’origine diversa destinazione e collocazione, ricomposti con un sofisticato sistema di recupero che restituisce a questi oggetti una nuova vita. Nella ricostruzione o rifacimento non c’è fedeltà con il modello prescelto e il prelievo, ricostruisce un’idea che si precisa progressivamente sulla superficie del quadro.

L’artista declina, nel suo lavoro, tutte le esperienze della sua storia professionale, dagli studi

d’architettura, al restauro dei dipinti antichi, che lasciano un profondo segno nel possesso delle tecniche e nella compiutezza della composizione, costruita secondo un ordine mentale che procede dalla prassi tecnica e che si colora di accenti di sapore quasi artigianale per la scelta di certe tarsie e nell’uso di “scaglie” di metallo argento e oro che impreziosiscono le superfici. L’abilità che si riconosce a Catemaggia, è in fondo come quella di certi artisti del Barocco, tesi a risolvere nella tecnica e nell’artificio qualsiasi difficoltà, pronti a dar vita all’ineffabile.

Il risultato si precisa come un campo denso d’allegorie, citazioni, simboli, che stabiliscono immediatamente con lo spettatore un legame emozionale. Quale che sia l’intenzionalità dell’artista contemporaneo, quello che conta in realtà è lo spostamento, da un contesto all’altro,  lo spaesamento, che comporta il tramutare un oggetto, con le sue radici,le sue consuetudini,  le sue risonanze.

Il vero e grande gioco delle arti di questo tempo è la metamorfosi alla quale possiamo assistere, in un percorso come quello dell’ autrice. L’opera va interrogata, con occhi sgombri, per quello che significa oggi, ma anche per tutti i legami di cui è carica, che l’osservatore come il critico hanno il compito di evidenziare, perché come sosteneva Roberto Longhi, l’opera non nasce sola, nello studio dell’artista, ma è una lacerazione, si strappa da chi la crea ed entra nel mondo, in rapporto con il mondo.

Emanuela Mazzotti


Collages d’amour                                                 

I collages d’amour di CateMaggia sono un’atto pittorico complesso ove convergono sia la tendenza autostoricistica sia la sindrome del mascheramento e travestimento proprie della post-trans-avanguardia e dove gli elementi visivi perdono la loro contestualità originaria e  s’ inseriscono in un insieme nuovo d’interazioni, concatenazioni  e contaminazioni, come pezzi di memoria collettiva gettati confusamente sulla superficie della tavola, frames di un filmato antico in cui le storie della quotidianità si avvicendano freneticamente e si impastano le une con le altre dentro una cromia dal sapore acre e magico.

La pratica artigianale del ritagliare e dell’incollare non rappresenta forse simbolicamente le due fasi dell’uccisione dell’Io e della sua resurrezione “ricomposizione?” Ogni atto creativo è concepimento involontario nel profondo ventre spirituale dell’artista.

Giovanni Bovecchi


Valter Fabbri, da Il Corriere dell'Arte, febbraio 2008

«Danza la fantasia tra le opere di Caterina Maggia, in arte Catemaggia (...): alcune tonde, quasi monocromatiche, occhi scuri, penetranti, pieni di colore come una vecchia tavolozza ormai satura dallo scorrere del tempo; altre quadrate, la cui pittura non si allontana però dal messaggio primario. I significati simbolici  sono i protagonisti, le opere sono come racconti che ricordano il tempo passato. L’uso dei colori è attento, l’apporto della materia e l’applicazione di oggetti quotidiani interiorizzano il dialogo con le opere. Non è casuale l’incorniciatura di un tondo con un alto colletto di pizzo: un decoro che nobilita chi lo porta, il cui colore bianco ne esprime la purezza. Catemaggia ha anche la straordinaria capacità di inglobare tutto e tutti nel suo mondo: in questa esposizione, in armonia con la sua personalità, ha coinvolto tre amiche, tutte valide artiste (...)».

Valter Fabbri


L'emozione inquieta della materia

Cate Maggia, artista dallo spirito inquieto, alla ardente ricerca si un senso in tutto ciò che la circonda. Uno spirito che non si rassegna all’assenza di un significato profondo. E’ un atteggiamento di rifiuto verso la banalità, l’incoerenza e la retorica.

Le sue opere esprimono tutto questo: che si tratti delle sue donne enigmatiche e dolenti o delle sue vedute aeree di paesaggi campestri, la sua tavolozza cromatica rifugge dai toni accesi e urlati.

Cate Maggia cerca la concretezza del reale e la sua ineludibile matericità; la sua tecnica mista recupera pezzi di vita reale, pezzi di un passato che si identifica negli indumenti smembrati  e ricomposti.

Pezzi di maglioni, di abiti, di elementi che testimoniano la realtà di una vita vissuta ma, ormai, non più reale di un sogno. Tuttavia, lo sguardo disincantato dell’artista non le impedisce di continuare ad agire, ad essere di stimolo ed esortazione a chi entra nel suo raggio d’azione nel campo artistico.

Spesso delusa, a volte fraintesa, ma mai si arrende difronte alle pessime abitudini di chi gioca sull’ambiguità e il fraintendimento. E’ la disarmata consapevolezza dell’impossibilità di comunicare, con precisione, i propri  sentimenti e stati d’animo.

Anna Maria Raimo


La realtà interpretata: l'esperienza artistica di Catemaggia

Catemaggia è un’artista che da tempo mette alla prova se stessa, confrontandosi con modalità di rappresentazione sempre nuove. Dopo la laurea in architettura ha infatti coltivato la sua passione per l’arte dipingendo e lavorando anche con i collages, dimostrando così la sua versatilità e la sua capacità di mettersi in discussione.

La sua inesausta volontà di sperimentare le ha fatto incontrare tecniche e tematiche sempre diverse, alle quali ha guardato e continua a guardare con un piglio indagatore ricco di curiosità.

I suoi occhi infatti non si poggiano solo su cose e persone, ma le penetrano, alla ricerca della vera essenza che contraddistingue ogni essere, animato e non. In ognuna delle sue opere inoltre c’è un po’ di lei: l’indagine,  che viene compiuta attraverso la rappresentazione grafica e la materia, è, prima di tutto, un’indagine che Catemaggia fa su sé e sui suoi rapporti con l’universo che la circonda;  in ogni tela lascia una scintilla del suo spirito, ad illuminare gli occhi delle sue donne o a rendere brillanti le sue visioni aeree.

Quello che la contraddistingue nel panorama artistico è il suo continuo mettersi in gioco e cercare modi sempre nuovi per comunicare con chi le sta di fronte, sia attraverso i suoi quadri, che attraverso quelli  degli artisti che con lei collaborano.

Dopo l’aereopittura di matrice futurista, ispirata dalle visioni aeree di Barbara, sta adesso lavorando sulle superfici tessili, trasformando antichi tessuti in arazzi con molto da dire su quelle che sono le sue emozioni e il suo vissuto, perchè in fondo, come già diceva Cezanne, “Dipingere non è copiare servilmente il dato oggettivo, è cogliere un’armonia fra rapporti molteplici e trasporli in una propria gamma, sviluppandoli secondo una logica nuova e originale” e questa logica nuova e originale è assolutamente evidente in ciò che Catemaggia fa.

Federica Mingozzi


Il desiderio e la visione

La ricerca estetica di Cate Maggia volge ad una connessione transtemporale tra accadimento e futuribile, esprime la scossa elettrica del presente quale scarto tra passato e futuro o, meglio, tra ciò che è accaduto e ciò che sarebbe potuto essere. Per questo raccoglie lacerti e rimanenze del  vissuto, ne esalta la smembratura per poi ricomporre le parti in un magma che vuole invocare una nuova genesi: ciò che è desueto, privato dell’uso, negato ad ogni funzionalità viene avocato ad un’epica materica che narra lo stridore di una inesorabile evoluzione, dove nulla permane per venire fagocitato da un flusso utilitaristico: l’azione dell’artista volge a preservare dalla dispersione piccole testimonianze dell’esperienza vitale, consapevole che la vita è la somma dei momenti, non è ricostruzione storica da affidare ai ricordi,

è permanenza diacronica e complessa che non può sottostare alle leggi del consumo.

I brandelli dei vecchi abiti, ricordo del vissuto individuale, diventano tessere di un mosaico, metafora del vivere comune, dove anche ciò che è dismesso trova parte

alla costruzione di un progetto condiviso: l’artista si occupa di comporre un nuovo ordine che

sia inclusivo di ciò che il sistema esclude ed escludendo rende scarto. Il rifiuto di essere complice dell’ingiustizia sociale porta

Cate Maggia a farsi carico di un’azione di recupero della dignità: non reinventa il significato degli oggetti, non ne snatura l’essenza, mantiene un chiaro intento di ricomposizione in un nuovo ordine in cui la perdita di funzione non implichi la negazione del decoro. Questo chiede l’artista: ridare dignità all’escluso, potenza all’oltraggiato. La dignità viene non da un nuovo senso, ma da una visione nuova,  di desiderio, che in composizione armonica esalta la natura delle parti: i lembi di stoffa si fanno lembi di terra in una narrazione dei campi coltivati, paesaggi del territorio abitato e del territorio interiore.

Al pari del collage, nell’opera di Cate Maggia, anche il gesto pittorico interviene ad esprimere una sintesi al femminile dell’esistente, ne partecipa  irrorando la tela di una soavità densa e necessaria, al pari del profumo dei fiori. La leggerezza del colore riverbera nel materico e se ne esalta in un perfetto equilibrio degli opposti, come componenti necessari al flusso vitale.

Anche nella colatura il colore non si fa lacrima, ma trasudazione umorale, esalazione di godimento: anche la caduta viene agita e pare fuoriuscire dalla tela quale sudario al quale consacrare la propria certezza del quotidiano.

L’hic et nunc del rappresentato si fa dilatazione cui affidare la propria consapevolezza per lasciarla trascendere nell’infinito.

Il bianco stesso dello sfondo, perfettamente a registro, partecipa attivamente a questa consacrazione del quotidiano per staccarlo dagli oneri esistenziali e consegnarlo all’immanenza.

Tutto ciò avviene con estrema libertà, a testimonianza di una piena maturità artistica e di una profonda onestà intellettuale: si sente che le piante di cui la pittura di Cate Maggia narra sono piante esistenti, piante  che lei annaffia come atto dovuto, necessario, prima che alla  bellezza, alla vita stessa. 

Scevra di ogni compiacimento stilistico, la pittura vegetale ci commuove in un senso

di bellezza interiore, quello che ciascuno rivolge a ciò che ama.  
Elio Talon                     

   




 
Privacy Policy